UN RITARDO INGIUSTIFICATO
di FRANCO SCOLARI
Franco Scolari, direttore generale del Polo Tecnologico di Pordenone, ha al suo attivo una profonda preparazione scientifica, tecnologica, economica. Tra le sue esperienze più importanti, la docenza all’Università di Udine, la ricerca, l’impegno in grandi aziende quali Electrolux, Pirelli, Ideal Standard, sempre con ruoli di alta responsabilità. È uno degli esperti più impegnati nella formulazione di piani pluriennali e relativi budget delle pubbliche amministrazioni nella gestione delle risorse del territorio.
Verso febbraio la televisione ci ha informato che a Wuhan i cinesi morivano di influenza.
Ci sembrava una roba per mangiatori di topi o pipistrelli, certamente non preoccupante per l’igienico mondo occidentale, anche perché chissà quanto ci metterà un virus a fare 10mila chilometri. Poi in 2 settimane ci hanno chiuso in casa, e attaccati ai telegiornali, siamo stati per 90 giorni bersagliati da numeri, alcuni impressionanti, i contagi, altri drammatici, i morti. I più attenti di noi hanno indagato i numeri, hanno cercato correlazioni causali, hanno scoperto enormi differenze per paese e paese, tra contagi e morti.
Io non faccio il virologo, ma ci capisco di tecnologia. Senza dubbio un fattore importante tra Singapore e la Lombardia, tra l’isola con 5 morti per milione di abitanti e la nostra regione devastata con oltre 500, è la tecnologia, specificatamente digitale, per l’identificazione, il tracciamento e l’isolamento dei contagiati, dei guariti e degli infettabili.
L’isola gestita da una tecnocrazia digitale e governata da una politica che ha sacrificato la privacy per salvare vite, (ed economia), ha immediatamente tamponato tutta la popolazione, ha chippato ogni cittadino e ne ha sorvegliato con un grandissimo fratello temperatura corporea, movimenti, respirazione etc. Singapore, tra i primi paesi al mondo, ha introdotto la piattaforma di contact tracing; ma mentre oltre 3 mesi dopo in Italia il dibattito sul rispetto del GDPR ha a tutt’oggi vanificato la validità di Immuni, 3 mesi fa, sempre sull’isola, anche i malati potevano uscire di casa, solo che con nostro orrore, erano identificabili da tutti i possessori di telefonino come appestati! Ma ciò che dobbiamo accettare è che quei soggetti identificati, e tenuti a distanza fisica molto più grande della sociale, erano proprio appestati.
Passata un po’ di emergenza la tecnocrazia di Singapore ha introdotto migliaia di droni per sorvegliare spostamenti di umani e cose, ma anche per depositare farmaci e cibo senza contatti. E ancora con un po’, ma non troppa, curiosità chi prendeva relax nei parchi della ricca isola ha incontrato cani robot gialli che zampettavano e interconnessi,
rilevavano, correggevano comportamenti, educavano gli abitanti. Fantascienza della Darpa robotics.
Oggi tutto questo è visibile on Line. Vero che siamo in regime di emergenza pandemica, quindi non da perpetrare in tempi più sani e liberi. Ma questa accelerazione tecnologica, in un’isola ad alta densità di abitanti molto più aperti all’utilizzo del controllo digitale ha contribuito a ridurre il numero di morti di un fattore 1000! 25 morti a Singapore , 25.000 in Lombardia, e datemi il beneficio dell’arrotondamento dei numeri.
Ma perché questo lungo confronto, penalizzante per l’Italia e in dettaglio per la Lombardia? Per farvi osservare che la pandemia ha sbloccato molte riluttanze ad utilizzare tecnologie digitali: ci è voluto il Covid per far sì che in FVG arrivasse la ricetta elettronica per ritirare in farmacia senza andare fisicamente dal medico di base.
Ci è voluto il lock down per avere i consulti, non sostitutivi, ma efficaci in video conferenza. E quanto ci vorrà per installare “Immuni” su tutti i nostri cellulari?
Ma non ho ancora concluso. E vengo al tema strutturale: quanto ci vorrà perché si riduca la distanza tra le tecnologie disponibili e la cultura di politici e medici per adottarla? Quanto ci vorrà per agganciare la straordinaria accelerazione delle prestazioni di robotica ed intelligenza artificiale al conservatorismo di colpevoli burocrati che inibiscono la portabilità ed interaccessibilita’ dei propri dati sanitari?
E provoco con un focus crudele: quanto ci vorrà per mettere sensori e monitoraggio continuo a tutte le persone in RSA o a domicilio se cronicamente o congiunturalmente fragili? Prima di scoprire che si sono aggravate o morte?
Ma adesso devo proporre interventi positivi.
I programmi europei con il Mes danno all’Italia 36 miliardi senza condizioni per la sanità: magnifico! Le guidelines europee indicano nel digitale e nella sostenibilità le priorità per i piani di sviluppo: magnifico! Il Governo italiano ha già deciso di aumentare l’organico sanitario, azione giusta e necessaria, la Regione Lombardia ha trasformato la vecchia fiera in una struttura intensive care (fuori tempo massimo), azione abbastanza giusta e forse inutile perché speriamo non ci servano seconde ondate per trovarne piena giustificazione economica.
Ma quando ci impegniamo a potenziare la sanità italiana con massicci investimenti in digitale e robotica? Perché non introduciamo un Chatbot, sistema conversazionale di intelligenza artificiale, che faccia una scheda sanitaria di ogni cittadino? Recentemente ne ho presentato uno a stakeholders regionali: reazione fredda. In Cina la società Tencent con un sistema altamente performante esegue e clusterizza circa 10 milioni di triage al mese! E il costo di questo processo è marginale rispetto ai ricavi che il governo, non so bene se quello nazionale o della provincia, ricava, vendendo i dati alle aziende farmaceutiche.
Che azioni dobbiamo fare per formare tecnici e medici all’utilizzo 24/7 delle numerose e moderne apparecchiature diagnostiche o robotiche della nostra regione per migliorare i tempi di attesa dei pazienti e ridurre i costi unitari dei servizi?
E faccio un esempio virtuoso: i processi ad alta intensità di capitale delle fabbriche della nostra regione lavorano al minimo 2 turni, quelle delle aziende che fanno profitti 3 turni, quelle che guadagnano quote di mercato e hanno alti margini 24/7 in continuo!
Ma perché non facciamo un progetto per copiare il modello industriale ed applicarlo ai nostri robot da Vinci? Mica oggi fanno 3 turni, e costano tanto per intervento perché fanno pochi interventi; e se qualche sindacalista cibernetico vuole tassarli: magnifico perché con quei soldi faremo formazione per nuovi specialisti, realizzeremo tutorials dalle banche dati interventi per accelerare la conoscenza e le performances del sistema sanitario nel suo complesso.
Nelle precedenti riunioni, fisiche, del nostro gruppo di pensiero e comunicazione, mi ero preso del fantascientifico visionario, perché immaginavo di portare a casa nostra tecnologie pionieristiche da eccellenze d’oltre mare. Back to the future! «Qui non abbiamo internet e i medici non sanno adoperare Zoom», era una risposta.
Ma il Covid ci ha messi tutti in quarantena! La differenza è che qualcuno ha seppellito 25 morti, qualcun altro, più conservatore e attento alla privacy e al consenso, ha preso i camion dell’Esercito per trasportare le salme, e all’estero c’è che ha fatto molto peggio.
Abbiamo detto molte volte negli ultimi mesi “ nulla sarà più come prima” , ma come decliniamo questa frase sul sistema regionale del FVG? Eppure una quota dei 36 miliardi Mes sanità ci spetta! Credo quasi un paio! E allora perché non ci mobilitiamo per un programma di informazione digitale dei cittadini e di formazione permanente di medici e tecnici? Anziché spendere tutto, investiamo il 5 per cento: 100 milioni! per una sanità regionale del prossimo, ma vicino, futuro che ci avvicini a Singapore. Magari non ne sorpasseremo le prestazioni, ma non rimarremo come siamo oggi tra gli ultimi ad utilizzare in Sanità tecnologie digitali. In Europa secondo il DESI, Digital and Economic and Social Index, siamo al terz’ultimo posto.
Possiamo, almeno nella nostra regione, avanzare di molte posizioni. La pandemia ci ha fatto prendere atto che il mondo è piccolo, le velocità alte come non mai; i soldi, digitali si trovano senza stamparli. Investiamo, ma subito, una piccola percentuale per una sanità digitale, diffusa, efficace, di alta qualità e inclusione, meno costosa.
E se lo scrivo non mi tiro indietro come cittadino, come tecnologo, come direttore del Polo di Pordenone. Non lancio una sfida ma una positiva offerta di impegno per capitalizzare le esperienze maturate con la pandemia e investire in tecnologia accessibile per il bene più prezioso dell’umanità: la nostra salute!