LO STREAMING CHE STRANGOLA LA TERRA
Marco Angelillo, giornalista e divulgatore scientifico, collabora con ”La Repubblica” e “La Stampa” per i settori scienze, ambiente, tecnologia.
Laureato in architettura con una tesi di carattere paesaggistico e storico-culturale, è un esperto di comunicazione. In particolare si occupa di tutti i fenomeni sociali, economici e scientifici che condizionano e condizioneranno la vita nel terzo millennio.
Le nuove tecnologie che migliorano la nostra vita possono essere molto dannose per la salute del pianeta, e dunque per la salute dell’uomo, se non sono governate con comportamenti e con legislazioni adeguate e urgenti a livello mondiale. Questo il messaggio contenuto in un mio recente servizio su La Stampa.
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Nell’universo multimediale sono, in assoluto, il formato più in espansione; sono stati una delle nostre ancore di salvezza nel tempo sospeso del lockdown. I video online, però, sono responsabili a livello globale di una quantità enorme di emissioni di CO2, la stessa quantità generata da un paese grande come la Spagna: oltre 300 mega tonnellate ogni anno. Rappresentano il 60% di tutti i flussi di dati e costituiscono, dunque, il principale fattore di emissioni di gas serra del settore digitale, il cui consumo energetico globale cresce del 9% all'anno.
Dieci ore di video ad alta definizione contengono più dati di tutti i testi in inglese pubblicati su Wikipedia. Basta questo paragone per capire l’impatto enorme che hanno film, tv digitali, social media, sull’atmosfera del pianeta. The Unsustainable Use of Online Video è uno studio del think tank francese The Shift Project: quantifica l’impatto dei video online sull'ambiente e propone alcuni strumenti per ridurlo.
Navigando nel mare magnum delle immagini in movimento che popolano gli schermi di smartphone, tablet e pc, i video pornografici rappresentano il 27% di tutto il traffico di video online nel mondo. Presi da soli, nel 2018 hanno generato più di 80 Mt di CO2, quasi lo 0,2% delle emissioni globali. I gas serra prodotti per realizzare, diffondere e guardare i video on demand, offerti da portali come Netflix o Amazon Prime, sono equivalenti a quelli del Cile: più di 100 Mt di CO2 l’anno, quasi lo 0,3% delle emissioni globali.
Nel complesso, il settore digitale è attualmente responsabile del 4% di tutte emissioni, pari a quelle generate dall’aviazione civile. Se non si prenderanno provvedimenti, l’impatto potrebbe raddoppiare tra soli cinque anni, raggiungendo gli stessi livelli delle emissioni globali delle auto.
Il rapporto di Shift Project sottolinea come l’evoluzione del settore digitale e il peso dei video online non siano coerenti con l'accordo di Parigi e con l’obiettivo di ridurre le emissioni globali. Gli autori propongono una sorta di sobrietà digitale spiegando che “i progetti che creano dipendenza (autoplay, embedded video, ecc.) sono incompatibili con tale scelta. Per limitarne l’impatto non bastano né l'autoregolamentazione delle piattaforme di trasmissione, né le decisioni volontarie degli utenti”. Chiedono a gran voce una vera e propria regolamentazione a livello nazionale e internazionale.
Lo Shift project, senza attendere i tempi lunghi di politica e burocrazia, ha sviluppato alcuni strumenti per sensibilizzare e aiutare le persone ad adottare migliori abitudini digitali: un video esplicativo, una guida e un’applicazione che permette a chiunque di misurare l'impatto della propria navigazione su Internet in termini di emissioni di gas serra. Carbonalyser è un’estensione del browser Firefox e consente di visualizzare il consumo di elettricità e le emissioni di gas serra associate alla navigazione. Paragona l’impatto dell’uso delle tecnologie digitali con l'equivalente in chilometri percorsi in auto o il numero di cariche per smartphone, rendendo ben tangibili gli usi digitali. Questa app aiuta a comprendere meglio l’impatto della tecnologia digitale sul clima e sul consumo di risorse.
Ridurre il peso dei video diminuisce l'energia necessaria per trasmetterli e quindi le emissioni di gas serra ad essi associati. È un primo passo verso una Internet più sobria: nella guida dei ricercatori francesi le istruzioni per tagliare drasticamente le dimensioni di un video, dal 60 al 90%.
Una ricerca di RobecoSAM, azienda specializzata in investimenti sostenibili, ribadisce la questione e suggerisce altre soluzioni. Jacob Messina, responsabile del settore Sustainability Investing Research della società svizzera, elenca alcune attività apparentemente innocue, che consumano grandi quantità di energia e hanno un enorme impatto sull’ambiente: “L’utilizzo quotidiano di Internet, la gestione dell'infrastruttura mondiale per l’archiviazione dei dati e l’estrazione di bitcoin”. In particolare “il consumo totale di energia dell'intera rete di bitcoin, compreso il costo della produzione di monete digitali, è stato stimato essere superiore al consumo annuo di elettricità della Romania”. L'uso e l'archiviazione dei dati ha un impatto pesantissimo dal punto di vista energetico: nel 2018 sono stati generati 33mila miliardi di gigabyte di dati, di cui solo il 6% circa è in uso. Sono stati prodotti più dati negli ultimi due anni che nei precedenti 40.
Cosa possiamo fare? Messina sostiene che investimenti nelle nuove frontiere del digitale, “come ad esempio il fintech – la tecnofinanza – possono ridurre l'impronta di carbonio, facilitando il passaggio a servizi a minore intensità energetica. Il riciclo può mantenere i dispositivi elettronici sul mercato più a lungo, evitando la necessità di crearne di nuovi”. Anche l’efficienza energetica è fondamentale: grazie all’innovazione si produrranno componenti elettronici e software più efficienti e le aziende potranno implementare architetture e soluzioni IT per rendere l’archiviazione dei dati meno dispendiosa dal punto di vista energetico. Ultima ma non ultima, la questione della produzione di energia: “Dobbiamo passare rapidamente alle fonti pulite, che possano alimentare anche la rete, per riuscire a raggiungere l’agognato obiettivo di emissioni prossime allo zero”.
*Da La Stampa – sezione Tuttogreen – 8 luglio 2020
“Così i video in streaming possono strangolare il pianeta”
Per gentile concessione